Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
La musica di Pizzetti
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 270, p. 3
Data: 13 novembre 1955


pag. 3




   Ildebrando Pizzetti è giunto felicemente, nel settembre scorso, a tre quarti di secolo ed io gli auguro, con pieno cuore lunghi anni ancora di vita e vittoria. Ma possiamo fino da ora ombreggiare i contorni della sua offerta umana all'arte divina.
   L'invenzione musicale d'Ildebrando Pizzetti, almeno nei suoi messaggi più determinabili, non è circoscritta dalla cognizione squisita dell'esperienza espressiva e costruttiva ma postula esigenze spirituali che oltrepassano tanto il solipsismo dei fedeli a un cifrario quanto il rischio dell'abbandono popolaresco.
   La musica nasce, in Pizzetti, non solamente dall'obbedienza a un discorso — che ha per incipit un invito divino o demoniaco — ma soprattutto dalla necessità che impone allo spirito di combaciare con se stesso, cioè di misurare le sue capacità di volo.
   Discerniamo, perciò, assai spesso, un'alta tonalità morale, talvolta perfin puritana, ch'è rara e malaccetta nell'arte nostra ma che dà alla musica di Pizzetti un accento di eloquenza severa e d'intimità dolorosa e fa più soavi, per contrasto, le caste confessioni del cuore.
   S'è detto che l'opera di questo compositore poeta è più sapiente che ispirata. Ma non è da tollerare l'indulgenza di coloro che confondono l'ispirazione con le pigrizie della facilità e i capricci dell'improvviso.
   Specialmente nei cori, in certe liriche e in alcune composizioni di musica da camera, l'anima ardua e sensitiva di Pizzetti riesce a cantare liberamente e questo canto si aggiunge a quelli che fissarono il nostro accordo con l'amore e con l'angoscia del mondo umano.


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